2008. IL RITORNO A CASA
VARANO BORGHI (va) - CARBONE (pz)
"LA VALIGIA DI CARTONE" al Sud non è solo un modo di dire. E' anche l'intestazione di tanti monumenti dedicati agli Italiani costretti ad emigrare al Nord o in Europa per trovare lavoro e a fare spesso i conti con l'intolleranza, esattamente come succede ancora oggi. A questa situazione non sfuggì neanche la mia famiglia, originaria di Carbone, in Basilicata, ed emigrata, con la valigia di cartone, a Varano Borghi in provincia di Varese, nel 1964.
Dentro quella valigia mio padre e mia madre, oltre agli effetti personali, ci avevano messo tanta dignità, tanta voglia di fare, tanta forza e tenacia e il desiderio di potersi realizzare. Questi sono i valori che i miei genitori mi hanno insegnato. La cultura lombarda è quindi diventata piano piano la mia e, dalla gente di Varese, ho imparato l'intraprendenza.
Nel 2008, il mio primo viaggio in bicicletta è stato un percorso a ritroso sui passi degli emigranti italiani del Sud: attraversai in lungo l'Italia e, da Varano Borghi, passando per Pavia, Piacenza e Faenza, percorrendo la dorsale appenninica dal Passo delle Radici sopra Sassuolo, raggiunsi dapprima l'Abruzzo, quindi Avellino e Melfi e , con una ideale valigia di cartone, tornai a Carbone, nel Parco Nazionale del Pollino, il paese in cui sono nato. Ricordo che ad attendermi c'erano il Sindaco con l'Amministrazione Comunale e tutti gli abitanti, perchè dopo tanti anni tornava a casa "il figlio di Biagio".
Lungo tutto il percorso, feci meravigliosi incontri e sperimentai su di me l'importanza dell'Ospitalità. Porterò sempre nel cuore ogni persona incrociata: dal fruttivendolo che volle a tutti i costi regalarmi albicocche dopo aver realizzato cosa stessi facendo, ad alcuni operai che vollero ospitarmi a dormire in una centrale, fino ad un Lucano che come il mio papà emigrò al Nord ma ritornò a casa dopo poco tempo, per la nostalgia della propria terra e della propria gente.
“Il treno degli emigranti”
(GIANNI RODARI - Filastrocche in cielo e in terra - 1960)
Non è grossa, non è pesante
la valigia dell’emigrante...
C’è un po’ di terra del mio villaggio,
per non restare solo in viaggio...
un vestito, un pane, un frutto,
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l’ho portato:
nella valigia non c’è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuol venire.
Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù...
Ma il treno corre: non si vede più.